“Non riesci a dormire? Ti rigiri nel letto e non trovi pace? Allora alzati e mettiti a pulire tutta la casa, quando sarai abbastanza stanca, naturalmente ti verrà un gran sonno e dormirai!”

Risposta della paziente: “Lavoro già tutto il giorno, è assurdo solo pensare di dover lavorare ancora tutta la notte!”

“Hai proprio ragione… e allora dormi!

(Milton Erickson)

Il paradosso che Erickson ci propone in questo breve scambio all’interno di una seduta di psicoterapia, ci parla di quanto spesso la sintonia tra il nostro corpo e la nostra mente sia “disturbata” dal modo con cui ci mettiamo in relazione con noi stessi.

Il sonno è l’ultimo atto di tutta una serie di atti, che iniziano fin dal primo mattino, se tutto quello che facciamo, durante il giorno, non è in sintonia con noi stessi e non è accettato nel nostro inconscio, quando saremo in una situazione mentale in cui l’inconscio è prevalente, come prima di addormentarci alla sera, in quel momento emergeranno tutte le nostre contraddizioni… e allora interverrà il sintomo (in questo caso l’insonnia), che ci darà l’illusione di poter evitare di affrontare la parte più profonda e autentica di noi stessi, che reclama da tempo il giusto spazio.

E se provassimo a cambiare prospettiva? Se iniziassimo a guardare al sintomo come ad un’occasione di crescita e di superamento di quei meccanismi di difesa che abbiamo appreso nelle esperienze di vita vissuta, e che ci hanno “protetto” e tranquillizzato per un po’, ma che ora sono diventati una gabbia troppo stretta per la nostra anima?

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